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Comune di Lentiai

Provincia di Belluno - Regione del Veneto


Contenuto

Cenni storici

La storia di Lentiai

Lentiai trae il suo nome da una passata diffusa attività locale: la coltivazione e la lavorazione del lino.

Il suo territorio corrisponde esattamente a quello dell'antica Contea di Cesana (972-1806), feudo imperiale immediato.

Oggi Lentiai erede della Contea di Cesana, è una ridente cittadina in continua espansione, che ha potuto e saputo uscire dall’arcaico mondo agricolo per trasformarsi in un centro industriale ed artigianale di grande rilevanza. Con i settori commerciale e terziario la consistenza imprenditoriale raggiunge oggi la cifra elevata di ben 368 unità a fronte di una popolazione di appena 3000 abitanti.

Lentiai è adagiata sulla riva sinistra del Piave ed è immersa in un verde meraviglioso che scende dai pendii delle Prealpi Bellunesi-Trevisane. La vetta più elevata del Comune è il Monte Garda (m. 1333), dove prospera una fiorente malga, meta di quotidiani visitatori estivi, in quanto crocevia di amenissimi itinerari sulle criniere dei monti circostanti. E' da rilevare che proprio da qui si dipartono strade e sentieri che raggiungono i confini con Valdobbiadene, Segusino e Vas nel complesso del Monte Cesen, un incrocio di storia e di cultura che merita di essere oggi valorizzato in modo diverso e più fruttuoso.

Lentiai, per il suo passato politico, possiede nelle sue chiese autentici scrigni d'arte. La chiesa arcipretale, monumento nazionale dal 1880, rifatta nella seconda metà del Cinquecento, è una vera pinacoteca. Possiede un soffitto a cassettoni con 20 tavole lignee sulla vita della Beata Vergine, opera di Cesare Vecellio, un polittico con 10 tele, pale di grandi autori, affreschi dei 12 apostoli ed un Crocifisso ligneo del Terilli.

Ma alla periferia, in almeno tre chiesette, un tempo completamente affrescate ed ora in decadenza, sono conservati tesori medioevali che ancora attirano ammiratori e studiosi da ogni parte.

Il Comune di Lentiai offre anche la veduta di alcune ville del 500-600 e l'antico palazzo pretorio della Contea di Cesana.

Il visitatore può trattenersi sul territorio l'intera giornata, avendo la possibilità di scegliere fra i punti di ristoro bel organizzati, dove si mangia bene e a costi ottimali.

Lentiai vanta anche una secolare Latteria che sforna quotidianamente prodotti come un tempo e che per tale motivo vanno a ruba.

Questi sono alcuni punti qualificanti di questo Comune, che possono essere meglio conosciuti e approfonditi per la loro molteplice valenza.

La storia del Municipio

Nel 1806, con decreto napoleonico del 29 aprile, viene abolita la contea di Cesana e il suo territorio trasformato in Comune con sede nella stessa borgata e negli stessi edifici feudali.

Gli amministratori comunali si chiamano “deputati municipali” e il Consiglio comunale “Deputazione municipale”.

Il primo sindaco di Cesana è l’ultimo conte di Cesana: Francesco Vergerio.

Un altro decreto napoleonico del 3 ottobre 1806 proibisce le sepolture nelle chiese e nei sagrati di esse.

Attorno alla Pieve di Lentiai esiste da sempre un cimitero. Questo viene chiuso e tutta l’area cimiteriale confiscata e attribuita in proprietà al Comune di Cesana.

Questo Municipio sorgerà su quest’area e quindi su proprietà comunale.

Dopo la caduta di Napoleone e il Congresso di Vienna (1815), il Comune di Cesana entra a far parte del Regno Lombardo-Veneto sotto l’Austria, ma conserva le sue peculiarità comunali, i suoi beni e la sua autorità.

Nel 1866, a conclusione della terza guerra per l’indipendenza, il Veneto ritorna all’Italia e Lentiai diventa un Comune del Regno d’Italia, perché già nel settembre di quell’anno la sede municipale viene trasferita a Lentiai, essendo Cesana quasi del tutto disabitata.

Non disponendo di una sede propria, i servizi municipali sono ospitati nell’ala ovest della villa Cristini, dove trovano spazio anche le scuole elementari, le prime tre classi.

Nel 1899 l’amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Pietro Pasqualotto di Cesana, sindaco per tre legislature consecutive, 1892-1904, decide la costruzione di questo Municipio. L’opera è resa possibile grazie all’incessante interessamento di un grande concittadino, il Prof. Cav. Bortolo Marcer, Ispettore Scolastico, il quale ottiene i sussidi necessari dal governo.

La popolazione intera partecipa attivamente alla costruzione, approntando materiali: sassi, travature, pietre.

Il Prof. Marcer è l’autore dello stemma comunale: esso ricorda nei suoi elementi araldici la millenaria storia conosciuta delle nostre contrade. Questo stemma è stato ridotto e semplificato nella versione attuale dopo la seconda guerra mondiale.

Il Prof. Marcer è stato per parecchi anni consigliere comunale ed assessore e ha fondato la Banca Agricola di Lentiai.

Questo illustre concittadino è uscito dalla memoria collettiva.

Oggi a 83 anni dalla sua scomparsa, voglio ricordarlo affinchè sia ricordato, perché ben merita della nostra riconoscenza e della nostra gratitudine.

I lavori di costruzione del Municipio iniziano nel 1900 e terminano nell’estate del 1902.

I locali vengono così utilizzati:

- piano terra: due aule scolastiche per la scuola elementare inferiore (1^, 2^ e 3^)

- primo piano: la metà ovest accoglie tutti i servizi comunali

la metà est la sala consigliare

- secondo piano: 2 abitazioni per gli insegnanti

- gli scantinati accolgono l’archivio.

Con l’anno scolastico 1906-7 viene istituita nel capoluogo anche la scuola elementare superiore che comprende la 4^ e la 5^. Queste due nuove classi sono sistemate nella sala consigliare del 1° piano e lì rimarranno per un buon mezzo secolo.

L’11 novembre 1917 arrivano a Lentiai gli invasori austro-ungarici, i quali occupano tutto il Municipio.

I piani superiori sono adibiti a ospedale per i feriti provenienti dal fronte del Grappa.

Il piano terra è ridotto prima a scuderie e poi a dormitorio.

La sede municipale viene trasferita nella Casa Canonica.

Il sindaco in carica, Giuseppe Marcer, nonno del sindaco Leopoldo, ha il solo compito di trasmettere alla popolazione gli ordini degli occupanti.

Le scuole vengono confinate nella chiesa arcipretale.

Lentiai è liberata il 31 ottobre 1918 alle ore 22.

Per parecchi giorni le truppe italiane rimangono a Lentiai e sistemano tutti i pubblici servizi e rimettono in ordine il Municipio e le scuole pur senza mobili, usati dagli invasori per fare fuoco e riscaldarsi.

Vanno in fumo anche tutte le carte dell’archivio comunale, salvo i registri anagrafici riparati in canonica, e circa 500 volumi della biblioteca popolare e numerosissime carte dell’antica comunità di Cesana.

Per puro vandalismo gli invasori distruggono anche un cinquecentesco caminetto in marmo ed una misura in pietra per grano con lo stemma dei conti di Cesana datata MD, conservati nella sede municipale.

Attorno alla porta principale del Municipio sono state collocate negli anni ’20 e rifatte dopo il secondo conflitto mondiale, due lapidi che ricordano i nostri concittadini caduti in guerra.

Nel 1963 le scuole salutano il Municipio e si installano in un edificio tutto per loro.

Il Municipio viene così recuperato per intero e adibito esclusivamente ai pubblici servizi, salvo l’ala ovest del secondo piano già da tempo adibita ad abitazione del Segretario comunale, ma anche quest’uso cesserà ben presto.

Un primo radicale intervento innovativo dell’edificio ha luogo alla fine degli anni ’70 – inizio anni ’80.

L’attuale ristrutturazione e restaurazione risponde alle moderne esigenze e al crescente aumento di servizi.

Questa è la succinta storia del nostro Municipio, spettatore e attore ad un tempo delle vicissitudini della nostra comunità nell’ultimo secolo.

Esso è stato, e sarà certamente, il punto di riferimento, il faro, di ogni Lentiaiese.

Sulla facciata, in alto, si legge un motto infatti:

E D U C A E S P E R A

non è uno slogan del Ventennio, ma l’auspicio antico del Prof. Bortolo Marcer, ancora Lui, che vedeva nel simbolo comunale la fucina educatrice alle civiche virtù, dalle quali deve fluire la speranza di un futuro sempre migliore.

Non tutto e non sempre quest’auspicio ha avuto modo di avverarsi, ma esso rimane lì a monito e a sprone verso questi elevati valori e queste speranze.

 

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